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Rifiuto del dipendente al trasferimento: Legittimo il licenziamento se accertata buona fede del datore di lavoro

La Corte di Cassazione, sentenza n. 7392 del 7 marzo 2022, statuisce che l’assenza ingiustificata dal lavoro per rifiuto della nuova sede assegnata, rappresenta ipotesi legittima di licenziamento, in quanto configura un inadempimento sanzionabile dal punto di vista disciplinare.

Nel caso de quo una lavoratrice adiva il Tribunale a causa dell’intimazione del licenziamento avvenuto per ingiustificata assenza dal lavoro, presso la nuova sede aziendale cui era stata assegnata con accordo sindacale. La lavoratrice impugnava il licenziamento ritenendo inapplicabilità l’accordo sindacale in quanto tenuta fuori, illegittimamente, dal rapporto di lavoro per diversi anni prima della comunicazione del trasferimento.

I Giudici della Corte distrettuale, in parziale accoglimento della domanda della lavoratrice, avevano rilevato che il licenziamento doveva considerarsi illegittimo, con applicazione della tutela indennitaria di cui al comma 6 dell’art. 18 Legge n. 300 del 1970, stante un vizio formale nella procedura di contestazione disciplinare. Il datore di lavoro aveva, infatti, considerato tardive e pertanto prive di rilevanza le giustificazioni alle assenze offerte dalla dipendente, scritte con tempestività, ma pervenute oltre i cinque giorni, negando di fatto il diritto di difesa della stessa.

La lavoratrice ricorreva in Cassazione. La Suprema Corte, confermando il decisum della Corte d’Appello ha affermato che, secondo un orientamento consolidato, in ipotesi di trasferimento adottato in violazione dell’art. 2103 c.c., l’inadempimento datoriale non legittima un automatico rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione lavorativa, ma dovrà essere valutato in relazione alle circostanze del caso concreto, per accertare se risulti contrario al principio di buona fede ex art. 1460 c.c. Nel caso in oggetto, il Tribunale aveva effettuato il suddetto accertamento, ritenendo legittimo il trasferimento intimato alla dipendente per mancanza di altri posti disponibili.

Pertanto, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso della dipendente, conferma la legittimità del licenziamento per rifiuto al trasferimento.