L’agenzia delle Entrate, con risposta 17 aprile 2025, n. 111, si è soffermata sulla specifica fattispecie della tassazione del patto di non concorrenza di un lavoratore che ha svolto attività all’estero.
In particolare, il manager interessato al patto, nato in Italia e fiscalmente residente all’estero, ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di amministratore delegato ricoperta all’interno di un gruppo societario.
A fronte delle risoluzioni dei rispettivi rapporti di lavoro, la società e il manager hanno siglato un accordo di interruzione carica e patto di non concorrenza, in virtù del quale il manager ha assunto – per un periodo di tre anni e limitatamente al territorio italiano – una serie di obblighi di non concorrenza, nonché l’obbligo di comunicare ogni eventuale attività svolta, rinunciando, al contempo, a ogni ulteriore e futura pretesa discendente dalla carica ricoperta.
A fronte dell’assunzione di tali obblighi, la società si è impegnata a versare al manager una somma omnicomprensiva a titolo di patto di non concorrenza.
Come evidenzia l’agenzia delle Entrate, con l’istanza di interpello specificata in oggetto, la società intende ottenere conferma circa la rilevanza territoriale, e la conseguente imposizione ai fini delle imposte sui redditi nel Paese estero, del corrispettivo versato al manager a fronte dell’assunzione degli obblighi stabiliti nell’accordo di interruzione carica e patto di non concorrenza.
Relativamente a tale fattispecie è corretto rilevare che in base all’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, sono assoggettate a tassazione separata «altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l’indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza ai sensi dell’art. 2125 del codice civile nonché le somme e i valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro».
Qualora il corrispettivo per il patto di non concorrenza sia percepito da soggetti non residenti, l’articolo 23, comma 2, lettera a), del Tuir reca una presunzione assoluta in base alla quale si considerano prodotti nel territorio italiano e, come tali, ivi soggetti a tassazione, i redditi derivanti dalle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio di soggetti non residenti.
Dalla lettura congiunta delle disposizioni, essendo la società che liquida il compenso residente in Italia, si rileva che il corrispettivo pagato al manager, residente in un Paese estero, deve essere assoggettato a imposizione in Italia, secondo le modalità previste dall’articolo 19 del Tuir e sottoposto a ritenuta alla fonte in base all’articolo 23, comma 2, lettera d), del Dpr n. 600/1973.
Tuttavia, visto il principio di prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno, è opportuno considerare le disposizioni internazionali contenute negli accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.
Sul punto il Fisco rileva che la Convenzione tra l’Italia e il Paese estero oggetto dell’interpello, al pari del modello Ocse, non reca una disposizione specifica per gli emolumenti erogati ai dipendenti al momento della cessazione dell’impiego e ciò in considerazione del trattamento, giuridicamente e fiscalmente differenziato, che detti emolumenti ricevono nelle singole legislazioni nazionali. Pertanto, in questi casi, l’agenzia delle Entrate per ordinaria e consolidata prassi ritiene di applicare l’articolo 15 del medesimo modello di Convenzione relativo ai redditi di lavoro dipendente.
Infatti, sia con la risoluzione 10 giugno 2008, n. 234 (riguardante l’applicazione della Convenzione tra l’Italia e il Belgio) sia con la risposta 17 novembre 2021 n. 783 (riguardante la Convenzione con la Svizzera), è stata riconosciuta natura di redditi di lavoro dipendente alle somme erogate a titolo di corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza, riconducendole nell’ambito di applicazione dell’articolo 15 della Convenzione.
Alla luce di tale impostazione interpretativa, l’amministrazione finanziaria ritiene che il corrispettivo percepito dal manager, residente all’estero, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, sia ascrivibile alla sfera di operatività dell’articolo 15, paragrafo 1, del Trattato, il quale dispone la tassazione esclusiva dei redditi di lavoro dipendente nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che l’attività lavorativa sia svolta nell’altro Stato contraente; ipotesi che determina l’assoggettamento a imposizione concorrente in entrambi i Paesi.
In via di principio, il paragrafo 2.4 del Commentario all’articolo 15 del modello Ocse chiarisce che ogni remunerazione corrisposta a seguito della cessazione di un rapporto di impiego per il lavoro svolto prima dell’interruzione si considera derivante dallo Stato in cui l’attività è stata esercitata. Tuttavia, con riferimento agli emolumenti derivanti dall’obbligo di non concorrenza, al fine di evitare una divergente interpretazione della disposizione convenzionale da parte degli Stati contraenti, il Commentario all’articolo 15 del modello di Convenzione Ocse, al menzionato paragrafo 2.9, ha fornito importanti indicazioni.
In particolare, benché gli emolumenti corrisposti a fronte dell’assunzione di un obbligo di non concorrenza siano comunque connessi allo svolgimento di un’attività di lavoro dipendente, essi, nella maggior parte dei casi, non risultano direttamente collegati ad un’attività lavorativa svolta prima della cessazione del rapporto di lavoro. In tale circostanza, pertanto, le somme in questione saranno soggette alla potestà impositiva dello Stato in cui il beneficiario risulterà residente al momento della percezione.
Alla luce di questa considerazione, l’agenzia delle Entrate,0 con la risposta in commento, rilevata l’importanza che si sono date le parti del patto di non concorrenza, ritiene che il corrispettivo sia effettivamente riferito al solo patto di non concorrenza, concludendo che, in base all’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione e alla luce dell’interpretazione di tale disposizione fornita dal commentario, non risultando tale ammontare direttamente collegato a un’attività lavorativa svolta prima della cessazione del rapporto di lavoro, lo stesso debba essere assoggettato ad imposizione esclusiva nello Stato di residenza del manager.
Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore