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Distacco transnazionale di lavoratori, chiarimenti dall’INL

Con la pubblicazione sul proprio sito istituzionale della circolare n. 1 del 15 febbraio 2023, l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce chiarimenti in ordine agli obblighi amministrativi che incombono sul datore di lavoro in caso di distacco transnazionale dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.

Distacco transnazionale, la legislazione comunitaria

Numerosi sono stati gli interventi in ambito europeo volti a contrastare il ricorso abusivo a pratiche di dumping sociale, garantire parità di condizioni e tutelare i diritti dei lavoratori distaccati.

Da ultimo, il 28 giugno 2018 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno approvato la Direttiva n. 2018/957, che apporta modifiche alla Direttiva n. 96/71, a sua volta integrata dalla Direttiva 2014/67/UE, recepita in Italia con D.Lgs. n. 136/2016, modificato dal D.Lgs. n. 122/2020.

Linea comune di tutti i provvedimenti è garantire nel Paese ospite una serie di condizioni di lavoro ai lavoratori temporaneamente distaccati all’estero quali ad esempio:

  • definizione di periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
  • durata minima dei congedi annuali retribuiti;
  • tassi di salario minimo;
  • salute, sicurezza e igiene sul lavoro.

In particolare, la Direttiva 2014/67/UE (meglio conosciuta come “direttiva Enforcement”) mira a disciplinare l’abuso e l’elusione delle norme sul distacco, la responsabilità solidale nelle catene di subappalto e la condivisione di informazioni tra i Paesi dell’Unione.

Gli adempimenti a carico del datore di lavoro

L’art. 10, comma 3, lett. a), del D.Lgs. n. 136/2016, di recepimento della Direttiva 2014/67/UE, prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di conservazione documentale durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, che si concretizza in:

  • conservare, predisponendone copia in lingua italiana, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro o documentazione equivalente
  • conservare il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile.

Al riguardo, l’Ispettorato chiarisce che la nozione di “comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro” è stata ampliata con quella generica di “documentazione equivalente” per arginare il fenomeno del lavoro sommerso negli ordinamenti statali in cui la stessa non sia prevista.

In tale ottica, l’attestazione della semplice richiesta del documento A1 all’Autorità di sicurezza sociale dello Stato membro di provenienza effettuata dall’impresa distaccante rientra fra i documenti equivalenti alla comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro in quanto consente di avere elementi di certezza in ordine all’inizio del rapporto di lavoro nello Stato in cui ha sede l’impresa distaccante e agli elementi essenziali del contratto.

La mera richiesta del modello A1 consente inoltre ai prestatori di servizi di adempiere all’obbligo in questione senza dover attendere l’effettiva emissione del modello A1 e senza subire eventuali ritardi da parte delle autorità del Paese di stabilimento.