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Modifica alla disciplina del subappalto

La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), pubblica la nota n. 1507 del 6 ottobre 2021, fornisce, ai propri ispettori, alcune indicazioni operative in merito alla modifica della disciplina del subappalto, intervenuta con l’articolo 49 del Decreto Legge n. 77/2021 (convertito dalle Legge n. 108/2021).

In particolare, l’attenzione dell’INL si sofferma su quanto previsto dal comma 1 lett. b) punto 2 dell’art. 49, che ha modificato il comma 14 dell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016, introducendo un periodo ai sensi del quale “il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

E’ stata, in particolare, introdotta una misura di garanzia per i lavoratori dipendenti del subappaltatore che svolgano determinate attività in ragione dell’appalto.

Precisamente, le attività oggetto di subappalto devono essere ricomprese nell’oggetto dell’appalto, secondo quanto previsto nel capitolato e non essere, quindi, marginali o meramente accessorie rispetto all’opera o al servizio complessivamente appaltato, oppure far parte della categoria prevalente ossia, come previsto dall’art. 3 comma 1 lett. oo-bis), “la categoria di lavori, generale o  specializzata, di importo più elevato fra le categorie costituenti l’intervento e indicate nei documenti di gara”. In questo ultimo caso, tuttavia, le lavorazioni devo essere incluse nell’oggetto sociale del contraente principale. 

La nota dell’Ispettorato del Lavoro

Ricorrendo le predette condizioni la norma assicura quindi, ai lavoratori in questione, trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli che avrebbe riconosciuto l’appaltatore/subappaltante al proprio personale dipendente in ragione del CCNL dal medesimo applicato.

In relazione a quanto sopra, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 8344 del 28 settembre u.s., si rappresenta quanto segue.

Preliminarmente va considerato che tale disposizione va letta in stretta connessione con quanto stabilito dall’art. 30, comma 4, del medesimo D.Lgs. n. 50/2016, in tema di principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni, secondo il quale “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

In proposito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota prot. n. 14775 del 26 luglio 2016, nel richiamare quanto previsto dal citato art. 30, comma 4, ha ripreso il contenuto del parere ANAC n. 6 del 4 febbraio 2015, il quale pone l’attenzione sull’oggetto dell’affidamento e non sulle tipologie di attività esercitate eventualmente dall’operatore economico. In altre parole, ciò che conta è essenzialmente l’oggetto del contratto di appalto ed è ad esso che occorre riportarsi nella selezione del CCNL.

A riguardo anche il Consiglio di Stato, sezione III – da ultimo con sentenza 25/02/2020, n. 1406 – ha affermato che l’art. 30, comma 4, del D.Lgs. n. 50 del 2016, “nell’imporre l’applicazione al personale impiegato nel servizio oggetto di gara un contratto collettivo (in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, nonché) “strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto“, intende riferirsi al contratto che meglio regola le prestazioni cui si riconnette la singola commessa pubblica e che dovranno essere rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio, ad esse riferendosi secondo un criterio di prossimità contenutistica”.

Allo stesso modo sempre il Consiglio di Stato, con decisione n. 5574/2019, aveva previsto che, in materia di appalti pubblici, “la scelta del contratto collettivo da applicare rientra dunque nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il limite però che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto (in termini Cons. Stato, V, 1° marzo 2017, n. 932; V, 12 maggio 2016, n. 1901; III, 10 febbraio 2016, n. 589)”.

Individuato il contratto collettivo di riferimento, applicato dal contraente principale nei termini sopra chiariti, va quindi verificata la ricorrenza delle condizioni normative stabilite dal comma 14 dell’art. 105, sopra illustrate. Ove ne sia riscontrata la ricorrenza il subappaltatore ha l’obbligo di “riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale” in relazione alle medesime attività lavorative.

Tanto premesso si ritiene che, laddove nell’ambito dell’attività di vigilanza si riscontrino, in relazione ai singoli istituti retributivi o normativi (es. ferie, permessi, orario di lavoro, disciplina delle tipologie contrattuali), condizioni inferiori rispetto a quelle previste dal CCNL applicato dall’appaltatore, sia possibile adottare provvedimento di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004 inteso a far adeguare il trattamento da corrispondere per tutto il periodo di impiego nell’esecuzione del subappalto.

L’adeguamento retributivo naturalmente comporta una rideterminazione dell’imponibile ai fini contributivi che dà luogo ai conseguenti recuperi.

Va infine ricordato che sui differenziali retributivi e contributivi non corrisposti si consolida il regime di responsabilità solidale, di cui agli artt. 29 D.Lgs. n. 276/2003 e 1676 c.c., espressamente richiamato dal comma 8 dello stesso art. 105.

Fonte: Dottrina per il Lavoro