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Superminimo, disdettabile l’uso di non assorbire gli aumenti retributivi

In linea di principio, il datore può “disdettare” l’uso aziendale in forza del quale aveva rinunciato di fatto all’assorbimento degli aumenti retributivi disposti dalla contrattazione collettiva nel superminimo individuale riconosciuto ai lavoratori.

Questa opzione è, tuttavia, percorribile solo se, rispetto al tempo in cui si era consolidato l’uso aziendale, sono intervenuti sostanziali mutamenti sociali ed economici che possano giustificare il recesso unilaterale da parte del datore. Inoltre, è richiesto al datore di formalizzare le ragioni che giustificano la disapplicazione per via unilaterale del trattamento più favorevole consolidato dall’uso aziendale.

La Cassazione è arrivata a queste conclusioni (ordinanza 12473/2025) nel giudizio promosso da un gruppo di lavoratori che aveva contestato la decisione datoriale di assorbire nei superminimi individuali gli aumenti dei minimi tabellari previsti in sede di rinnovo del contratto collettivo nazionale. La Cassazione ha accolto la tesi dei dipendenti affermando che, poiché si era consolidato l’uso aziendale di non operare l’assorbimento degli aumenti tabellari del Ccnl nei superminimi individuali, il datore di lavoro non poteva, nel caso specifico, recedere unilateralmente.

La Corte di legittimità ripercorre, in proposito, il proprio indirizzo per cui il datore non può ripristinare unilateralmente il principio di assorbibilità nel superminimo individuale, cui aveva, in precedenza, abdicato per effetto di un costante e generalizzato non assorbimento degli aumenti dei minimi tabellari previsti dai rinnovi contrattuali collettivi. La naturale assorbibilità del superminimo può, infatti, venire meno per via di uso aziendale, che si produce quando il datore reitera nel tempo, a vantaggio dei lavoratori, una prassi che determina un più favorevole trattamento economico o normativo.

In questo contesto si colloca, ad avviso della Cassazione, la disapplicazione datoriale (in via costante e generalizzata) della regola per cui gli incrementi retributivi disposti dai rinnovi dei Ccnl sono assorbiti nel superminimo. Poiché l’uso aziendale agisce sui singoli rapporti di lavoro alla stregua di una fonte collettiva, si rimarca che, allo scopo di poter nuovamente assorbire gli aumenti dei minimi tabellari nel superminimo individuale dei lavoratori, occorre un successivo accordo aziendale che rimuova il trattamento più favorevole e ristabilisca il diritto del datore di operare l’assorbimento dei futuri incrementi retributivi.

La Cassazione conferma questi approdi e fa un ulteriore passo avanti affermando che, in presenza di un «sostanziale mutamento di circostanze rispetto all’epoca di formazione dell’uso aziendale», il datore può operare la disdetta e, quindi, disapplicare l’uso aziendale e reintrodurre unilateralmente il trattamento meno favorevole. La Cassazione rimarca che la cristallizzazione “sine die” della disciplina più favorevole non sarebbe funzionale alle esigenze di un contesto sociale ed economico che è, per sua natura, mutevole nel tempo. Per questa ragione non si può negare, in linea di principio, la disdetta datoriale dalle previsioni dell’uso aziendale più favorevole, se è sorretta da un mutamento sopravvenuto e sostanziale di circostanze. Il valido esercizio della disdetta richiede che essa sia formalizzato per iscritto, indicando le ragioni alla base della disdetta.

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Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore