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Il lavoratore deve provare il danno da demansionamento

La Suprema Corte, con ordinanza del 2 maggio 2025, si pronuncia in merito a una richiesta di risarcimento per demansionamento da parte della dipendente di un’azienda edile.  La domanda viene accolta dalla Corte d’Appello, che le riconosce un risarcimento;  l’azienda ricorre in Cassazione. 

I giudici di legittimità però, sottolineano la necessità di circostanziare gli elementi fattuali nel caso di specie:  ” […]pur essendo ammissibile desumere l’esistenza del danno, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico – giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto (cfr., ex plurimis, Cass. n. 19778 del 2014; Cass. n. 4652 del 2009; Cass. n. 28274 del 2008; oltre che Cass. SS.UU. n. 6572 /2006), in ogni caso è necessario che il giudice del merito quanto meno indichi gli elementi attinenti alla vicenda fattuale in base ai quali ritenga provata l’esistenza del danno, onde scongiurare forme di risarcimento per lesione in re ipsa;[…]” e accolgono pertanto il ricorso della società.

Fonte Ancl