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Licenziamento collettivo limitato solo ad alcune sedi, legittimità

Ultime decisioni della Corte di cassazione in materia di licenziamento collettivo e legittimità della delimitazione della platea dei lavoratori da licenziare a una determinata unità produttiva.

Ferma la regola generale secondo cui l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avuto riguardo al “complesso aziendale“, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore o sede territoriale in presenza di oggettive esigenze tecnico-produttive, ma è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione effettuata dal datore.

E’ onere di quest’ultimo, nelle predette ipotesi, provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata e che gli addetti prescelti non svolgano mansioni fungibili con quelle di dipendenti assegnati ad altri reparti o sedi.

Il datore può, infatti, circoscrivere la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare, nella sua comunicazione, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine.

Deve, ossia, consentire alle organizzazioni sindacali la verifica dell’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.

Ne discende che, laddove, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza specificazioni sulle unità produttive da sopprimere, i recessi intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

Comunicazione generica? Delimitazione illegittima

Sono i principi richiamati dalla Corte di cassazione, con ordinanza n. 3437 del 3 febbraio 2023 (così come anche nell’ordinanza n. 3511/2023) nel confermare la declaratoria di illegittimità del licenziamento collettivo intimato da una società, in considerazione della immotivata e irragionevole limitazione della platea dei dipendenti da licenziare a talune solo delle sedi aziendali.

Nel caso esaminato, la Corte territoriale, con accertamento insindacabile in sede di legittimità, aveva rilevato che le ragioni tecnico-produttive che richiedevano la delimitazione territoriale era “priva di ragionevolezza” e ciò per due ordini di motivi.

In primo luogo, la scelta del datore aveva privato i singoli lavoratori della decisione di essere licenziati o piuttosto di essere trasferiti in altra sede; inoltre, la lettera di apertura della procedura non conteneva criteri intellegibili in ordine alla necessità di circoscrivere i licenziamenti solamente in alcune sedi nonché alle specifiche professionalità dei dipendenti.

La limitazione territoriale, quindi, risultava contraddittoria a fronte di dedotte “ragioni strutturali conseguenti alla esigenza di rinnovamento delle strategie aziendali rese necessarie per rimanere competitivi sul mercato”.

Sarebbe stata indispensabile, per contro, ai fini di un effettivo controllo sindacale della decisione di mobilità, anche la comunicazione delle specifiche condizioni in cui lavoravano gli addetti delle altre sedi e delle ragioni per cui non si era ritenuto di estendere la selezione pure a questi ultimi.

Per come puntualizzato dal Collegio di legittimità, infatti, è sempre indispensabile che il datore indichi, nella comunicazione di apertura della procedura:

  • sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione;
  • sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.

In definitiva, il licenziamento collettivo in esame doveva ritenersi illegittimo.

Limitazione motivata e ragionevole? Ok al licenziamento

Diverse le conclusioni cui è giunta la Suprema corte nel testo dell’ordinanza n. 4132 del 10 febbraio 2023, nell’esaminare una vicenda in cui, per contro, la procedura collettiva intrapresa dalla parte datoriale è stata giudicata in linea con i sopra richiamati principi e, pertanto, legittima.

Nel caso in oggetto, la Corte d’appello aveva accertato la completezza della comunicazione di apertura della procedura, in quanto esaustiva e argomentata.

Nella predetta comunicazione, la società aveva specificamente circoscritto il progetto di ristrutturazione e ridimensionamento aziendale a determinate unità produttive, indicando analiticamente le ragioni ostative ad un’estensione della comparazione al personale impiegato presso altre unità produttive, non toccate dal tale progetto.

Oltre a ciò, era stata accertata la conclusione di un accordo con le organizzazioni sindacali sulla limitazione dei criteri legali di scelta alle sole sedi indicate nella lettera di apertura della procedura.

Infine, l’infungibilità delle mansioni era stata individuata nella peculiarità di ogni sito produttivo, in ragione delle commesse ivi trattate.