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Sì al licenziamento comunicato tramite whatsapp o email

Con una recente pronuncia, n. 2261/2025, pubblicata in data 27 maggio 2025, il Tribunale di Catania, Sezione Lavoro, si è espresso su una questione di rilevante interesse applicativo: la validità, ai fini dell’adempimento dell’onere della forma scritta, della comunicazione di un licenziamento trasmessa tramite strumenti digitali, in particolare mediante messaggio WhatsApp ed e-mail.

La vicenda trae origine dal ricorso di un lavoratore che ha impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deducendone la nullità per assenza di forma scritta. Secondo la prospettazione del ricorrente, il recesso sarebbe avvenuto in forma orale (in violazione dell’art. 2 della Legge 604/1966), e ciò avrebbe comportato la nullità dell’atto e il diritto alla reintegrazione.

Nel proprio ricorso il lavoratore ha sostenuto che solamente a seguito della consultazione del programma turni del mese di maggio, dal quale risultava assente il proprio nominativo, avrebbe appreso del licenziamento. Il datore di lavoro ha contestato le ragioni dedotte dal ricorrente.

Il Tribunale ha respinto le domande del lavoratore.

La decisione si fonda su un’attenta ricostruzione in punto di fatto, da cui è emerso che il lavoratore era stato informato del licenziamento già nel corso di una riunione nel mese di marzo. In tale sede, il datore di lavoro aveva comunicato al lavoratore l’intenzione di recedere dal rapporto di lavoro ed aveva invitato lo stesso a prestare l’attività lavorativa durante il periodo di preavviso, corrispondente al mese di aprile. Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni testimoniali, in tale circostanza era stato convenuto tra le parti che i documenti relativi al recesso sarebbero stati sottoscritti successivamente. Tuttavia, il lavoratore, nonostante reiterate sollecitazioni, non si era mai recato presso la sede aziendale per sottoscrivere la documentazione.

Il Tribunale, nel corso di approfondita istruttoria, ha valorizzato il contenuto di alcune comunicazioni intervenute tra le parti: in particolare, un messaggio WhatsApp nel quale il lavoratore veniva invitato a “sottoscrivere il preavviso” e una e-mail della segreteria aziendale, della cui ricezione il ricorrente stesso ha dato conferma, in cui veniva dato atto che lo stesso era stato “licenziato in data 30 aprile”. A ciò si aggiungeva la trasmissione al lavoratore del modello UNILAV, in cui veniva indicato il licenziamento con decorrenza dal 30 aprile. Tali elementi, secondo il Tribunale, sono stati considerati idonei ad integrare il requisito della forma scritta del recesso richiesta ex legge. Il cuore della pronuncia risiede dunque nella valutazione di idoneità del mezzo utilizzato rispetto al requisito della forma scritta. Il Tribunale ha ricondotto il messaggio WhatsApp e la successiva e-mail alla nozione di “atto scritto”. Non rileva pertanto il “supporto materiale” della comunicazione, ma la sua capacità di rendere certa e inequivoca la volontà di recedere. Un ulteriore punto degno di nota della pronuncia consiste nella natura unilaterale e recettizia dell’atto di licenziamento. Secondo giurisprudenza consolidata, richiamata implicitamente anche dal Tribunale di Catania, il licenziamento è un atto che produce effetti nel momento in cui perviene a conoscenza del destinatario, a prescindere dalla sua accettazione. Proprio tale carattere impone il rispetto della forma scritta, non quale elemento di validità intrinseca dell’atto, ma come strumento volto a garantire certezza del contenuto. Nel valutare le modalità di comunicazione adottate nella fattispecie, il Tribunale ha dunque ricondotto le comunicazioni digitali a strumenti idonei a soddisfare i requisiti richiesti dalla legge, valorizzando il momento della conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario.

Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore