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Smart working, sui fragili decide il datore di lavoro

La compatibilità con lo smart working per i lavoratori fragili deve essere valutata anche alla luce delle esigenze concrete dell’azienda, secondo quanto deciso dal Tribunale di Trieste il 21 dicembre affrontando, per la prima volta a quanto risulta, questo tema. Un’impiegata “certificata” come fragile lavorava, in forza di un accordo individuale a termine, in modalità agile integrale, cinque giorni su cinque a settimana. Alla scadenza del termine, il datore di lavoro le ha comunicato che, in un contesto organizzativo mutato, avrebbe dovuto lavorare tre giorni in presenza e due da remoto. La dipendente ha contestato tale decisione invocando la norma introdotta durante la pandemia e più volte prorogata (da ultimo sino al 31 marzo 2024) che riconosce, compatibilmente con le caratteristiche della prestazione, il diritto allo smart working ai lavoratori dichiarati fragili dal medico competente e ai genitori di figli minori di 14 anni. Secondo la lavoratrice, le sue mansioni erano perfettamente compatibili con il lavoro agile, dato che le aveva svolte integralmente da remoto negli ultimi tre anni. Il datore di lavoro ha sostenuto in primo luogo l’inammissibilità del sindacato giudiziale sulle proprie scelte organizzative e ha comunque giustificato il rifiuto di concedere lo smart working integrale sulla base di ragioni organizzative, consistenti in un aumento esponenziale del lavoro, cui la ricorrente era addetta, che non consentiva più di delegare ai colleghi, come accaduto prima dell’incremento di lavoro, lo svolgimento di quelle attività proprie della mansione che devono essere effettuate in presenza. Il Tribunale ha rigettato il ricorso della lavoratrice, ricordando che il diritto allo smart working, riconosciuto ai fragili dall’articolo 90, comma 1, del decreto legge Rilancio, più volte prorogato, non è assoluto, bensì subordinato espressamente alla compatibilità con le caratteristiche della prestazione. Compatibilità la cui valutazione da parte del datore di lavoro è, in ogni caso, soggetta al sindacato giudiziale, anche sotto il profilo dell’osservanza del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. A conclusione di tale verifica, il Tribunale ha riconosciuto fondamento e legittimità alle ragioni organizzative sopravvenute che hanno portato il datore di lavoro a rivedere le precedenti determinazioni e a concedere la possibilità di lavorare da remoto solo per una parte della settimana. La decisione afferma dunque che lo smart working a cui il lavoratore fragile ha diritto, così come il genitore di figli under 14, può essere modulato in relazione al fatto che l’assetto organizzativo aziendale preveda che una parte della prestazione debba svolgersi in presenza. Da ciò discende, in sostanza, che la valutazione di compatibilità della mansione, che condiziona il diritto allo smart working per le categorie in questione, non va effettuata in astratto e una volta per tutte, ma può legittimamente risentire delle concrete (e anche mutevoli) esigenze organizzative e produttive. Con la conseguenza che, in relazione alla specifica situazione, il diritto al lavoro agile per fragili e genitori ben può essere riconosciuto in forma ibrida, con un mix di lavoro da remoto e in presenza, disegnato sulla base dell’organizzazione aziendale e suscettibile anche di mutare in relazione a essa.

Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore